( PARTE TERZA) SEMPLIFICAZIONI DELLA CILA, IL RISVOLTO DELLA MEDAGLIA SONO CRITICITA’ CHE POTREBBERO ESSERE DIFFICILMENTE SUPERABILI
IL DECRETO SEMPLIFICAZIONI E LA CORTE DI CASSAZIONE HANNO CREATO UNA SORTA DI “TEMPESTA PERFETTA” CHE POTREBBE LIMITARE E SCORAGGIARE L’UTILIZZO DEL SUPERBONUS. IL D.L. N. 77/2021, LASCIA “IMPREGIUDICATA OGNI VALUTAZIONE CIRCA LA LEGITTIMITÀ DELL’IMMOBILE OGGETTO DI INTERVENTO”,
La questione ancora aperta delle compensazioni dei crediti, recupero e termini
L’art. 121, D.L. n. 34/2000 consente l’opzione dello sconto o della cessione del credito d’imposta da utilizzare in compensazione in cinque quote annuali di pari importo.
Sembra che nessuno si sia posto il problema di analizzare come in materia tributaria, sia necessario distinguere il credito d’imposta “non spettante” dal credito d’imposta “inesistente” perché le conseguenze fiscali sono assai diverse.
(art. 121, commi 4 e 5), per il credito d’imposta “non spettante”:
- l’Agenzia delle Entrate deve operare il recupero entro il termine di decadenza di cinque anni sempre nei confronti del beneficiario, salvo il concorso da parte del cessionario;
- si applica la sanzione del 30%, che può essere ridotta ai sensi dell’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997;
- si applica l’interesse del 4% annuo (art. 20, D.P.R. n. 602/1973);
- ai fini penali, per il cessionario del credito che procede alla compensazione si applica l’art. 10-quater, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000 (da sei mesi a due anni per un importo annuo superiore a 50.000 euro).
(articoli 121, comma 1, e 27, commi 16-20, D.L. n. 185/2008), per il credito d’imposta “inesistente”:
- l’Agenzia delle Entrate deve operare il recupero, a pena di decadenza entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo sempre nei confronti del beneficiario, salvo il concorso da parte del cessionario;
- si applica la sanzione dal 100% al 200% (art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/1997), che non ammette la definizione agevolata;
- si applica l’interesse del 4% annuo (art. 20, D.P.R. n. 602/1973);
- si iscrive a ruolo tutto, ai sensi dell’art. 15-bis, D.P.R. n. 602/1973 (iscrizione nei ruoli straordinari);
- ai fini penali, per il cessionario del credito che procede alla compensazione, si applica l’art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000 (da un anno e sei mesi a sei anni per un importo annuo superiore a 50.000 euro).
quale e’ al riguardo La posizione di Cassazione e Agenzia delle Entrate
In assenza di una precisa e chiara disposizione legislativa, i rischi fiscali e penali sono notevoli. Infatti, il confine è troppo labile e contribuenti e professionisti si trovano ad operare “nella nebbia” per quanto sono incerti e complessi i calcoli da effettuare e i principi da osservare.
In linea teorica, la frode deve qualificare il credito inesistente mentre la questione interpretativa circa il presupposto impositivo deve qualificare il credito non spettante.
Purtroppo, però, in mancanza di una precisa e chiara disposizione di legge, è intervenuta:
- la Corte di Cassazione che, con le ordinanze n. 24093 del 16 luglio 2020 e n. 29717 del 24 novembre 2020, ha stabilito che l’art. 27, D.L. n. 185/2008 “nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti di imposta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare “l’inesistenza” del credito a categoria distinta dalla “non spettanza” dello stesso (distinzione a ben vedere priva di fondamento logico-giuridico), ma mira a garantire un margine di tempo adeguato per il compimento delle verifiche riguardanti l’investimento che ha generato il credito d’imposta, margine di tempo perciò indistintamente fissato in otto anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall’art. 43, D.P.R. n. 600/73 per il comune avviso di accertamento - Cassazione, Sezione Quinta, del 02/08/2017 n. 19237”;
- l’Agenzia delle Entrate che, con la circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020 e la risposta a interpello n. 396 del 9 giugno 2021, ha precisato che “qualora sia accertato che le attività/spese sostenute non siano ammissibili al credito di imposta ricerca e sviluppo si configura un’ipotesi di utilizzo di un credito di imposta “inesistente” per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo ed il relativo atto di recupero dovrà essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione, non rilevando, ai fini della violazione sopra richiamata, la mera esposizione del credito in dichiarazione annuale”.
Inoltre, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 31/E, ha precisato che: “Così, ad esempio, qualora il controllo verta sull’esistenza del credito d’imposta maturato nel periodo d’imposta 2015, indicato nella dichiarazione presentata nel 2016 e utilizzato in compensazione nel corso del 2017, gli Uffici potranno procedere alle operazioni di verifica entro l’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione, e, qualora riscontrino che il credito utilizzato è “inesistente” per mancanza dei presupposti costitutivi, dovranno notificare l’atto di recupero entro il 31 dicembre 2025.”
In definitiva, secondo la Corte di Cassazione e l’Agenzia delle Entrate la distinzione tra crediti “non spettanti” e crediti “inesistenti” è priva di fondamento logico-giuridico e, quindi, il termine di decadenza per il recupero è sempre di otto anni.
A questo punto, per una tempesta perfetta, ultimamente è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite che, con la sentenza n. 8500 del 25 marzo 2021, ha stabilito il seguente principio di diritto:
“nel caso di contestazione di un componente di reddito a efficacia pluriennale per ragioni diverse dall’errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti invece il fatto generatore ed il presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell’amministrazione finanziaria della potestà di accertamento va riguardata, ex art. 43 D.P.R. n. 600/73, in applicazione del termine della rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, non già in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o iscritto per la prima volta in bilancio”.
Di conseguenza, in base alla succitata (illogica) sentenza, in tema di superbonus 110%, utilizzabile in cinque anni, l’Agenzia delle Entrate può notificare l’atto di recupero dei crediti sempre inesistenti (come abbiamo visto in precedenza) in otto anni per ognuno dei cinque anni; quindi, in sostanza, i recuperi fiscali si possono effettuare in 40 anni (5 anni per 8 anni di decadenza ognuno)!!!!!!!
L’auspicio per non partorire il solito guazzabuglio normativo il cui unico effetto sarà di deterrenza nei confronti dei contribuenti e professionisti coinvolti è, che in sede di conversione del D.L. n. 77/2021, per dare certezze e tranquillità agli operatori economici e ai professionisti, si specificasse che:
- i crediti inesistenti si formano soltanto quando c’è la frode;
- in mancanza di frode, tutti i crediti sono da ritenere “non spettanti”, soprattutto quando si tratta di interpretazioni della difficile e complessa normativa del superbonus 110%, con il termine di decadenza di 5 anni e non 8 anni;
- infine, i termini di 5 anni per i crediti “non spettanti” e 8 anni per i crediti “inesistenti” riguardano soltanto il primo periodo di imposta nel quale quel credito è maturato, trascorsi i quali i crediti di imposta sono definitivi e non sono più contestabili nei successi quattro anni.
L’auspicio è che gli aspetti legati alla natura di “ autodenuncia” che potrebbe assumere la CILA, la definizione di credito sempre inesistente ed i paventati e possibili 40 anni per la prescrizione del periodo di fruizione del beneficio fiscale, vengano valutati opportunamente e saggiamente dal legislatore delegato, spingendolo a disciplinare la normativa speciale del superbonus 110% in modo completo ed autonomo, per dare certezze ai contribuenti ed ai professionisti e consentire, in tal modo, di sfruttare al meglio le ottime occasioni date dal superbonus 110%.