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I CONTRATTI DI SETTORE DETERMINANO LA TRASFERIBILITA’ DEI CREDITI
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I CONTRATTI DI SETTORE DETERMINANO LA TRASFERIBILITA’ DEI CREDITI

Continua il progressivo ed inesorabile lavoro di accerchiamento attorno alla cedibilità dei crediti , il DL 13/22 nel prevedere la possibilità di portare fino a tre le possibilità di cedere crediti purché si tratti di banche, poste o intermediari finanziari a questi riferiti o controllati, inserisce l’ulteriore discriminante all’art.4, per i lavori edili di importo superiore a 70.000 euro, i bonus fiscali saranno riconosciuti ove nell’atto di affidamento sia indicato che sono eseguiti da datori di lavoro che applicano i contratti collettivi del settore edile stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Fin qui nulla da eccepire, la sicurezza e la regolarità dei rapporti di lavoro sono e saranno sempre un obbligo imprescindibile, però si debbono rilevare lacune normative ed incertezze applicative.

Nel procedere ad analizzare il provvedimento occorre prima di tutto avere chiaro a quali tipologie di lavori può essere riferito. Al riguardo va detto che la portata della normativa è piuttosto ampia, infatti ci si riferisce agli interventi previsti nell’allegato X del DLgs 9/04/08 n.181 e se (importante) di importo complessivo superiore a 70.000,00 euro.

Nel richiamato allegato vi ricade tanta roba, si tratta infatti di lavori generalmente ricadenti nel 110%,  bonus facciate, nell’ecobonus e più in generale di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento e ristrutturazione, dunque anche interventi antisismici.

Chiarito l’ambito serve fare ipotesi concrete, ad esempio se i lavori vengono condotti da un’impresa senza dipendenti, dove lavori solo il titolare che a sua volta affidi ad altre ditte senza dipendenti altre e diverse fasi dei lavori come ci si dovrà comportare?

Oppure nel caso di subappalto la garanzia dovrà fornirla la ditta appaltatrice anche per la ditta subappaltatrice? Ovvio che in questo caso la ditta appaltatrice potrebbe non assumere il ruolo di datore di lavoro e rimetterlo a quella che svolge il subappalto. Centrale in questa analisi è il ruolo di datore di lavoro, perché solo a questo sarà chiesto il rispetto del requisito legato all’applicazione dei contratti nazionali, dunque serve capire a che livello interviene, cioè se il datore di lavoro sarà la ditta appaltante o la subappaltante, o se come nell’esempio di prima nessuna delle ditte in concorso alla realizzazione dell’intervento assuma il ruolo di datore di lavoro. Soprattutto in quest’ultimo caso non è chiaro se la mancanza del requisito del contratto derivante e la sua mancata indicazione nell’affidamento e nelle fatture (obbligatorio inserire la nota in fattura) possa essere causa di impossibilità nell’esecuzione dei lavori o comunque sembrerebbe certamente inibitoria rispetto alla successiva cessione del credito.

Altra questione su cui si dibatte è il limite se va inteso al netto oppure al lordo dell’iva, la soluzione sembrerebbe scontata, essendo i lavori rivolti a presone fisiche l’importo dovrebbe essere considerato al lordo dell’iva.      

Altri quesiti in attesa di definizione, che si spera avvenga nei canonici 90 gg dall’entrata in vigore del DL, sono: la somma dei 70.000,00 deve intendersi per singolo contratto perciò nel caso di più ditte impegnate con riferimento a ciascuna di esse oppure se con riferimento al valore complessivo dell’opera. Da non dimenticare poi, se questa verifica impatta nel visto di conformità soprattutto con riferimento alla correttezza documentale ed all’iscrizione come ricordato precedentemente in fattura.

Il rischio è che la norma nata per ridonare impulso al settore abbia in se il germe di un ulteriore blocco a causa delle responsabilità che l’applicazione delle disposizioni porta inevitabilmente con se.

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