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AVVISO AI NAVIGANTI: MASSIMA ATTENZIONE SULLA MANCATA ESECUZIONE DEL BONIFICO PARLANTE, IN ARRIVO POSSIBILE TEMPESTA PERFETTA [EasyDNNnews:IfExists:GalleryBackLink] [EasyDNNnewsLocalizedText:ViewInGallery] [EasyDNNnews:EndIf:GalleryBackLink]
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AVVISO AI NAVIGANTI: MASSIMA ATTENZIONE SULLA MANCATA ESECUZIONE DEL BONIFICO PARLANTE, IN ARRIVO POSSIBILE TEMPESTA PERFETTA

Tutti siamo perfettamente consapevoli che una delle condizioni essenziali ai fini della fruizione dei diversi bonus edilizi è l’aver effettuato il bonifico in modalità “ parlante” , ossia utilizzando la specifica modulistica messa a disposizione da parte dei diversi istituti di credito, una modulistica che, ricordo, oltre ad obbligarci alla specifica della tipologia dei lavori, ci guida all’inserimento di tutti i dati anagrafici o fiscali necessari al fine di definire in maniera corretta il pagamento  e dunque l’intera pratica.

Pur forti di questa “granitica certezza” spesso ci si imbatte in bonifici ordinari, cioè non del tipo “parlante”, questo desta perplessità nella gestione e rischi in relazione ad una possibile, futura contestazione ai sensi dell’ex art.36 ter.

Per questo ho deciso di occupare questo spazio per pubblicare una breve guida su come gestire il “nefasto evento”. Tale approfondimento diventa, poi, assolutamente INDISPENSABILE alla luce dell’ultima circolare sul visto.

Potrebbe non interessarci, ma chiarisco che l’obbligo del bonifico parlante riguarda esclusivamente i privati cittadini, infatti, le imprese nel caso fossero coinvolte in bonus, non hanno questo obbligo.

Prima di addentrarci più direttamente nella questione, comprendiamo il vero senso dell’obbligatorietà dell’adempimento. La prima risposta potrebbe essere che il bonifico parlante è obbligatorio perché informa la banca e poi il fisco delle motivazioni, degli attori coinvolti e riporta gli estremi della documentazione fiscale cui è riferito; vero ma solo in parte, molto più realisticamente il bonifico parlante assolve ad uno specifico compito che non è di natura informativa, ma piuttosto “obbliga” la banca ad operare una ritenuta a titolo di acconto all’atto dell’accreditamento della somma al beneficiario ai sensi dell’art. 25, DL n. 78/2010.

Questo significa che la banca o le Poste, dinanzi ad un bonifico parlante assumono gli obblighi previsti per i sostituti d’imposta (modello Cu ecc..ecc..) dovendo poi trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate i dati della ritenuta operata, alla stregua di quanto fa ogni datore di lavoro o committente per lavoratori parasubordinati o professionisti.

A rigore di norma, dunque, la mancata esecuzione del bonifico parlante, ma a questo punto possiamo ben dire della ritenuta di acconto, realizza il presupposto alla decadenza della detrazione, tale circostanza è ulteriormente rafforzata dalla norma che invece esula dall’obbligo della ritenuta i pagamenti effettuati per opere di urbanizzazione nei confronti dei Comuni, per il solo motivo (a questo punto chiaro) che non possono essere soggetti a ritenuta di acconto.

Nel corso del tempo numerosa prassi si è occupata dell’errore, ad esempio la RM 55/02 rimetteva la soluzione della questione alla ripetizione del bonifico con modalità “parlanti” e la restituzione di quanto già versato. Una soluzione figlia di un’interpretazione della norma estremamente rigorosa. Solo successivamente, con la “famosa” circolare 43/2016, si è giunti ad un approccio “mitigato”, viene previsto infatti di sanare l’errore mediante il rilascio di una dichiarazione sostitutiva da parte del soggetto che ha eseguito i lavori (impresa e/o professionista) e incassato le relative somme in cui si attesti che le somme erogate con “bonifico ordinario” dal committente sono state correttamente contabilizzate, partecipando alla dichiarazione dei redditi di periodo.

Per chi come per noi del CAF ha sovente necessità di correggere i comportamenti dei contribuenti, tale ancora di salvezza ha rappresentato una delle poche certezze cui aggrapparsi nei momenti di maggiore difficoltà, ma ecco che all’orizzonte spuntano nubi minacciose, infatti la circolare ministeriale 2/2020 chiarisce in maniera “sibillina” che il ricorso alla dichiarazione in autocertificazione sarà un rimedio  possibile solo ed esclusivamente in riferimento ad “ errori” e non già alla volontà “elusiva” che potrebbe aver caratterizzato l’agire del contribuente.

Attenti lettori, capite bene quanto sia difficile apporre un visto solo dopo aver preliminarmente valutato la genuinità dell’errore ascrivibile all’azione realizzata dal contribuente o comunque in fase di controllo formale. Non saprei quali “contro motivazioni” potremmo validamente addurre per giustificare la sola dimensione erronea dell’azione e non già un bieco piano criminoso argutamente progettato dal contribuente!

Ma quelli che potevano essere considerati cirri temporaleschi ora rischiano di palesarsi come la tempesta perfetta”. Ai più attenti, infatti, non sarà sfuggito che nella circ. 28/22 è precisato che nel caso di interventi agevolati con il c.d. Superbonus 110% la non completa compilazione del bonifico bancario/postale, che pregiudichi il rispetto da parte delle banche/Poste SPA dell’obbligo di operare la ritenuta non consente il riconoscimento della detrazione, salva l’ipotesi della ripetizione del pagamento mediante bonifico in modo corretto.

Un drammatico “dietro – front” rispetto alla circ. 43/2016, viene riproposta l’interpretazione rigorosa di cui alla risoluzione 55/02, cioè la ripetizione del pagamento!

Alla luce di questo ed in attesa di ulteriori chiarimenti da parte dell’Agenzia, deve ritenersi, nel caso di 110%, laddove fosse utilizzato un bonifico ordinario al posto di quello parlante, preclusa la fruizione del bonus a meno che il contribuente non provveda a ripeterne il pagamento.

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