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PREVIDENZA INTEGRATIVA IL PUNTO SULLA CONVENIENZA
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PREVIDENZA INTEGRATIVA IL PUNTO SULLA CONVENIENZA

Welfare state, welfare aziendale, welfare integrative, tanti concetti spesso poco conosciuti, proviamo a valutarne l’opportunità non solo da un punto di vista fiscale.

Primo aspetto da considerare quando si inizia a ragionare sulla previdenza integrativa è la possibile evoluzione del sistema previdenziale. La centralità del criterio “contributivo” che ha preso il via nel 1995 a seguito della riforma “Dini”, impone, soprattutto per le giovani generazioni, scelte lungimiranti che prevedano la coesistenza fra sistemi previdenziali diversi, sicuramente la pensione obbligatoria cui abbinare un piano previdenziale integrativo.

Nell’evoluzione del sistema sanitario e previdenziale si assiste ad un progressivo quanto inevitabile spostamento verso sistemi misti fra pubblico e privato, questo anche grazie a meccanismi agevolativi fiscali pesati per alimentare il loro effetto “leva” sulle scelte dei cittadini.

I dati macroeconomici del paese, l’effetto nefasto della pandemia, i livelli forti di evasione contributiva i tassi di natalità prossimi allo zero, mettono a durissima prova la sostenibilità già nel medio termine del sistema previdenziale pubblico.

Per questo per chi oggi entra nel mondo del lavoro e diversamente dal passato, diviene necessario prevedere di aderire ad un fondo pensione che possa integrare le prestazioni garantite dall’Inps.

  

Nella quasi totalità dei casi un fondo pensione è un un fondo di investimento, gestito con regole atte a garantire, a chi vi aderisce in maniera volontaria, un capitale che potrà essere utilizzato ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio.

L’appetibilità del fondo è riferita a due specifici aspetti, per un verso la redditività dell’investimento che garantisce un capitale maggiorato rispetto alle somme versate, da godere come versamento in un’unica soluzione oppure nella forma di un reddito mensile per tutta la vita residua. E l’altro i benefici fiscali ad esso connessi.

Ricordo che la deducibilità annua dei premi versati a titolo di pensione integrativa è fissata in euro 5.164,57 è importante sapere che in questo limite rientrano anche i contributi versati per familiari a carico. Il limite deve intendersi generalmente applicato, fatto salvo il caso dei lavoratori alla prima occupazione laddove questa fosse intervenuta successivamente al primo gennaio 2007, solo in questo specifico caso la deduzione può arrivare ad euro 7.746,86. Alcuni chiedono cosa accade alle somme eventualmente versate in eccesso rispetto al limite dei 5.164,57 euro, in questi casi sarà necessario comunicare alla compagnia assicuratrice entro il 31 dicembre successivo alla fine dei versamenti quanto dell’importo versato al fondo non è confluito in deduzione, questo per permetterne un successivo recupero fiscale. 

Altro aspetto da conoscere e dirimente rispetto alla scelta, sarà se e quando potervi aderire. Chiarito che si tratta di una possibilità, e non di un obbligo come per la previdenza prevista per legge, aderirvi sarà solo una scelta di opportunità.

L’adesione ai fondi non è subordinata a vincoli di natura soggettiva, ad esempio l’obbligatorietà dei contributi pubblici nasce dall’avere un’occupazione oppure lo svolgere un’attività commerciale o professionale, invece nella previdenza complementare l’adesione sarà possibile da parte di qualsiasi cittadino, ad esempio, rispetto alla contribuzione obbligatoria vi si potrà aderire anche se si é disoccupati, potranno farlo anche i pensionati, purché avvenga almeno un anno prima alla maturazione del diritto alla pensione.

Quali sono le tipologie di fondi? Possiamo riassumere due categorie: Fondi a contribuzione e Fondi a prestazione predefinita.

Qual’è la differenza fra i due? La differenza può essere individuata in ciò che nel contratto è predeterminato, nel caso dei fondi a contribuzione, come è facile immaginare sarà predefinito il contributo da versare, nel secondo caso di converso viene individuato in maniera preventiva il rendimento o la prestazione. I fondi del primo tipo sono accessibili solo ai lavoratori dipendenti proprio in virtù della predeterminazione della quota di contribuzione, mentre ai fondi del secondo tipo vi potranno accedere tutti i lavoratori anche gli autonomi od i professionisti. 

Tipicamente nel caso dei lavoratori dipendenti, ci può essere un accordo fra azienda e dipendete che preveda in aggiunta alla contribuzione integrativa del lavoratore anche somme aggiuntive a carico del datore di lavoro, questo è il caso dell’adesione al fondo collettivo, questi sono detti anche fondi chiusi proprio perché riservati ad una specifica categoria di persone, ad esempio nel caso di perdita del lavoro il lavoratore non avrebbe più i requisiti per aderirvi e versare. In questo caso vengono ovviamente fatti salvi i diritti maturati alla data del licenziamento, con la possibilità di mantenere il capitale nel fondo di gestione sostenendo dei costi minimi (che non saranno mai contributi) oppure di travasare il maturato ad altro fondo cui potrebbe aderire in virtù del cambio di datore di lavoro.

Al netto dei vincoli soggettivi, c’è un altro aspetto alla base della scelta di un fondo a prestazione predefinita. Se la prestazione sarà predefinita non potrà esserlo la contribuzione, questo non deve essere considerato un limite, anzi è alla base del vantaggio offerto da questo piano. Siamo infatti consapevoli che il fondo assolve (anche) al compito di generare un risparmio “forzato”, è noto che se non vi fossero vincoli all’accantonamento, l’utente sarebbe (forse) propenso ad attivare comportamenti che mettono in primo piano esigenze immediate che per natura hanno il vantaggio di essere più concrete e più meritevoli di attenzione, mortificando di conseguenza la dimensione della pianificazione previdenziale nel medio e lungo termine. Sarà infatti l’indicizzazione dei premi ad un obiettivo concreto di rendimento, per “n” anni oppure nel caso di capitale in un’unica soluzione in epoca “n”, a garantire la capacità di spesa dell’aderente al fondo, commisurata alle esigenze che al momento della definizione del piano finanziario l’assicurato ritiene coerente con il proprio stile di vita e le proprie entrate.

Troppo spesso sentiamo dire di piani di accantonamento di poche centinaia di euro l’anno che prefigurano rendimenti pazzeschi fra 30 anni, per comprendere il limite della previsione, basterà ipotizzare cosa sarà possibile acquistare fra 30 anni con il capitale garantito, che viene valutato con l’esperienza di oggi!

Esemplificando: promettere e garantire un capitale di 50.000,00 euro fra 30 anni, può riservare sgradite sorprese, potremmo accorgerci infatti, che fra 30 anni con 50.000 euro non sarà possibile acquistare nemmeno ciò che oggi costa 1.000 euro. Diverso sarà definire un piano di accantonamento che sia indicizzato (qui il rendimento predeterminato) alla possibilità fra 30 anni, di avere un capitale che dovrà permettere di acquistare i medesimi beni o servizi che oggi si potrebbero acquistare con 50.000,00 euro!   Stesso dicasi per un rendimento da portare ad integrazione delle rate di pensione obbligatoria, che possa garantire il mantenimento del medesimo stile di vita oggi assunto.

Ultimo elemento analizzato, che fa da contraltare ai benefici fiscali ed ai rendimenti, sarà la tassazione. In un discorso più ampio si segnala che in Italia, a differenza dei paesi esteri dove viene tassato il solo rendimento, nella previdenza viene invece tassato il rendimento generato dai contributi con il criterio del maturato.

A parere dello scrivente sarebbe opportuno, adottare ai fini della tassazione piuttosto che il criterio di competenza, il più ragionevole criterio di cassa, concretamente tassare il maturato solo nel momento di effettiva percezione da parte del beneficiario.

Si ricorda Il fondo pensione non può essere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 15 del Dlgs. 252/2005 oggetto di fallimento. Così come è insequestrabile ed impignorabile in capo all’aderente.

Concludendo tra i vantaggi dei Fondi Pensione, ci sono alcune scelte esercitabili dal lavoratore:

dopo cinque anni, sarà possibile optare per la liquidazione del 50% del capitale al posto della pensione integrativa oppure richiedere un anticipo del 30% per spese sanitarie, acquisto della prima casa o ristrutturazione edilizia.

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