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COME REGOLARIZZARE LA PERDITA DEL BENEFICIO PRIMA CASA (2)

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COME REGOLARIZZARE LA PERDITA DEL BENEFICIO PRIMA CASA (2) 11652 0

Un’utile guida per limitare (od evitare) i danni relativi al mancato riconoscimento dell’agevolazione

articolo di CAF News 24

Nell’articolo di ieri ci eravamo lasciati con il contribuente potenzialmente vittima della revoca dell’agevolazione ed al pagamento della sanzione del 30% calcolata sui minori importi liquidati per effetto del venire meno di talune specifiche condizioni.

Si è scritto che non è tutto perduto, è infatti possibile sanare la violazione, nel caso in cui la decadenza si verifichi per:

  1. il mancato rispetto degli impegni assunti al momento della stipula dell’atto, relativamente al trasferimento della residenza entro 18 mesi;
  2. l’acquisto di altro immobile “prima casa” nell’ipotesi di cessione di quello acquistato con i benefici prima del compimento del quinquennio;
  3. la cessione dell’immobile preposseduto, acquistato con i benefici “prima casa”, qualora venga acquistato un altro immobile “prima casa”.

In queste situazioni ed a particolari condizioni potrà essere sanata la violazione mediante l’istituto del ravvedimento operoso.

Chiarisco che il ravvedimento può essere realizzato anche qualora la violazione sia già stata constatata o comunque siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, solo la notifica dell’avviso di accertamento o di liquidazione preclude il ricorso al ravvedimento.

Per comprendere quanto sopra, necessita rivedere i caratteri generali dell’istituto del ravvedimento operoso, in particolare il ravvedimento è praticabile nei casi in cui vi sia:

  1. la rimozione formale della violazione;
  2. il versamento della sanzione ridotta;
  3. il versamento del tributo (se dovuto) e degli interessi moratori (sul solo tributo) calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno.

Importante ricordare che il versamento deve essere effettuato utilizzando il modello F24.

Un primo caso di sistemazione del “pasticcio” potrebbe vederci consigliare quanto segue:

immaginiamo che il contribuente abbia espresso in atto la volontà di adire all’agevolazione prima casa e che successivamente si renda conto che il termine dei 18 mesi per il trasferimento della residenza non possa essere garantito, in questo caso, se il termine non fosse ancora terminato, potremo consigliare il nostro assistito di revocare la dichiarazione di intenti formulata nell’atto di acquisto, presentando apposita istanza all’Ufficio dove è stato registrato l’atto.

Quale può essere il vantaggio nel caso di questa sorta di autodenuncia? Semplice, verranno liquidate le imposta in misura piena, sarà dunque necessario versare la differenza rispetto a quanto versato originariamente in atto aumentato degli interessi ma non si verseranno le sanzioni del 30%. Un risparmio sicuramente rilevante.

Nella medesima situazione e nel caso in cui il nostro assistito se ne renda solo una volta che sono decorsi i fatidici 18 mesi, nella inevitabilità delle sanzioni, visto lo spirare del termine utile al trasferimento della residenza, potrà avvalersi, ricorrendone le condizioni, dell’istituto del ravvedimento operoso, presentando apposita istanza all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, presso il quale è stato registrato l’atto, con la quale dichiarare l’intervenuta decadenza dall’agevolazione (risoluzione 31 ottobre 2011, n. 105/E, confermata da circolare 13 giugno 2016, n. 27, par. 3.1).

Allo stesso modo, nel caso di vendita dell’immobile acquistato con le agevolazioni prima del quinquennio e laddove sia ancora pendente il termine dei 12 mesi per l’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale, il soggetto che si trovi nelle condizioni di non poter ovvero di non voler rispettare l’impegno assunto, anche per motivi personali, può comunicare il proprio intendimento all’Amministrazione finanziaria.

Anche in questo caso il contribuente è tenuto a presentare una apposita istanza all’ufficio presso il quale è stato registrato l’atto di vendita dell’immobile acquistato con agevolazione “prima casa”; con tale dichiarazione il soggetto interessato manifesta espressamente la sua intenzione di non voler procedere all’acquisto di un nuovo immobile entro i 12 mesi e richiede la riliquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione. Anche in questo caso come nel precedente esempio, il contribuente sarà tenuto al versamento della differenza tra l’imposta pagata e quella dovuta, oltre al pagamento degli interessi.

Come si può notare, in ogni caso è prevista la possibilità di riconoscere il venir meno delle condizioni per l’agevolazione, e nei due casi che abbiamo presentato è evidente come torni utile “l’autodenuncia” da parte del contribuente in quanto non è certamente utile rimanere fermi ed attendere gli esiti dell’accertamento che sicuramente comporterebbero il pagamento delle maggiori imposte, gli interessi calcolati fino al momento dell’accertamento ma soprattutto le sanzioni calcolate in misura piena, cioè pari al 30%.   

Altro aspetto di chiara appetibilità del ravvedimento è la valutazione degli interessi, infatti nel caso di ricorso al ravvedimento, sull’imposta versata in ritardo sono dovuti gli interessi al tasso legale (pari all’1,25% a decorrere dal 1° gennaio 2022, ex art. 1, D.M. 13 dicembre 2021). Invece, qualora il ravvedimento non trovi applicazione, sulle somme versate in ritardo sono dovuti gli interessi “fiscali” previsti dal D.M. 21 maggio 2009.

In ogni caso gli interessi vengono calcolati a decorrere dalla data di stipula dell'atto.

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