REGIME IVA PER IL TERZO SETTORE CONGELATO FINO AL 2024
articolo di
CAF News 24
La legge di Bilancio 2022 al “rush finale” rinvia di due anni l’applicazione delle disposizioni contenute nel decreto Fisco-Lavoro (D.L. n. 146/2021) che interessano la disciplina ai fini IVA relativamente alla decommercializzazione dei proventi percepiti dagli enti associativi così come definiti all’art. 4 del D.P.R. n. 633/1972.
Questo significa che quando (fra due anni) le novità entreranno in vigore, tali operazioni assumeranno la qualifica di operazioni esenti dal tributo.
Agli occhi dei più questa potrebbe essere una differenza da poco, forse solo lessicale, ragionevolmente quale potrebbe essere la differenza fra un’operazione esente da iva ed una fuori campo iva? Nessuna verrebbe da dire, giuridicamente invece ci passa un mondo.
La questione ha radici lontane, che affondano nei primi vagiti di un sistema fiscale che aveva come scopo quello di assecondare l’anelito di sussidiarietà e volontariato che andava a connotare il terzo settore.
La soluzione adottata per dare sostegno ed abbrivio al nascente sistema, è stata una finzione giuridica, che ci ha portati a considerare attività che normalmente sono commerciali e come tali soggiacciono al regime iva, se svolte da associazioni a determinate condizioni ed esclusivamente nei confronti dei soci del tutto decommercializzate, dunque fuori dall’ambito iva.
La novella lestamente “messa a dormire” sarebbe intervenuta sulla disciplina dell’IVA con l’obiettivo di ricomprendere tra le operazioni aventi natura commerciale una serie di operazioni che fino al 31 dicembre 2021 erano considerate escluse da IVA. Tali operazioni sarebbero state attratte nel campo di applicazione IVA e, in particolare, tra le operazioni esenti ex art. 10 del D.P.R. n. 633/1972. Ciò in quanto, va detto, l’esigenza trova origine nell’apertura di un procedimento di infrazione dell’Unione europea (n. 2008/2010), con riferimento all’art. 4, commi 4 e 8, del D.P.R. n. 633/1972.
Al “risveglio”, la disposizione sarà applicabile, solo a condizione che le prestazioni siano effettivamente commerciali. Conseguentemente, l’ambito applicativo dell’art. 4 del decreto IVA è circoscritto.
Le quote associative continueranno, quindi, ad essere completamente detassate anche ai fini IVA e l’esclusione è indipendente dalla previsione dell’art. 4 in esame.
Diversamente, l’erogazione di prestazioni in favore dei soci se rese in presenza di un’organizzazione di mezzi, dovranno considerarsi commerciali. Lo spirito è quello di evitare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette a IVA.
Per gli enti del Terzo Settore questo non può essere un problema per il semplice motivo che nessuno di noi opera in concorrenza con il mondo commerciale, semmai è da ribaltare il paradigma e cioè che vi è il costante tentativo di intromissione di strutture commerciali per natura e vocazione nell’ambito del Terzo Settore, facendo perdere credibilità ed efficacia ad un sistema che ha fra i propri scopi l’utile inteso come benessere dei propri Stakeholder e non già la poca rilevanza e spregiudicatezza di qualche “socio” senza scrupoli “ che gioca falsamente a vestire il ruolo “dell’associato”.
Viste le mendaci premesse alla base del provvedimento, possiamo dire che il terreno di scontro si sposta solo da un punto di vista temporale e sarà da considerare tutt’altro che dall’esito scontato. Molto, dipenderà da noi, dal mese di Agosto il RUNTS sarà pienamente operativo ergendo una barriera nei confronti di chi intende speculare sulla pelle del Terzo Settore, spetterà perciò a noi dare “peso” ai fatti.
Un’ultima considerazione va fatta. Da un’analisi della norma, del contesto ove sarà chiamata a produrre effetti e del RUNTS, possiamo con certezza asserire: se è pur vero che una buona parte degli Enti si troverà nelle condizioni di dover aprire la partita iva, è ragionevole immaginare che i nuovi adempimenti non possano andare molto oltre.
Infatti, se le operazioni poste in essere si “trasformano” in operazioni esenti, l’ente associativo potrà optare per la dispensa dagli adempimenti esenti prevista dall’art. 36-bis del D.P.R. n. 633/1972. Pertanto, le operazioni esenti da IVA non dovranno essere fatturate, né registrate.
La semplificazione si applica ai contribuenti che effettuano esclusivamente e prevalentemente operazioni esenti da IVA.
L’esenzione integrale consente anche di beneficiare dell’esonero dalla presentazione della dichiarazione annuale IVA.
Alla luce di quanto sopra ed al netto dell’apertura della partita iva si ritiene che la vita del terzo settore non subirà altre importanti modifiche e che non vi saranno ulteriori adempimenti.
Questa è una battaglia culturale, il cui obbligo a combatterla va assai oltre il peso rilevante o meno dei nuovi adempimenti, in gioco c’è la credibilità di un sistema, che dopo anni di attesa è arrivato ad aver definiti gli abiti di operatività e l’opportunità di esistere, per questo non possiamo avere solo l’obiettivo di lenire gli effetti della novellata disposizione , il nostro obiettivo deve essere aver riconosciuto appieno il nostro ruolo, nell’applicazione piena del principio che vuole, le agevolazioni fiscali non essere lo SCOPO ma ESCLUSIVAMENTE il mezzo per raggiungere gli obiettivi che la nostra particolarissima condizione ci impone.
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