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L’intervento normativo consente di superare l’obbligo, finora previsto, di effettuare la verifica di “attestazione di stato legittimo” (D.L. n. 76/2020) affermando, in parola, che “la presentazione della Cila non richiede l’attestazione dello stato legittimo di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.
Lo stato legittimo dell’immobile è un certificato che attesta la conformità al titolo abilitativo di un edificio e l’osservanza della normativa vigente.
VEDIAMO QUALI POSSONO ESSERE I VANTAGGI:
- La doppia conformità presume che le modifiche proposte siano dunque in linea con quanto previsto al momento della costruzione dell’immobile e all’avvio del nuovo cantiere.
- Per ottenere il certificato, è necessario accedere alla documentazione degli archivi edilizi del proprio Comune, con un’attesa che può superare tre mesi.
Con l’approvazione del dl Governance e Semplificazioni diventa in concreto, sufficiente, per beneficiare dell’agevolazione, la sola presentazione della Comunicazione di inizio lavori (Cila) asseverata dal tecnico e non dovrà più essere attestato, quindi, lo “stato legittimo dell’immobile”.
ALLA LUCE DI QUESTE NOVITA’ VEDIAMO QUALI SARANNO I CONTENUTI OBBLIUGATORI DELLA CILA E QUALI LE ESCLUSIONI.
La Cila, introdotta nel 2010 all’interno del Testo unico dell’Edilizia per semplificare l’avvio dei lavori senza dover presentare il titolo abitativo, è un documento che viene comunicato, anche in forma digitale, all’ufficio tecnico del Comune e deve essere redatto da un professionista.
Il provvedimento detta alcuni contenuti obbligatori della Cila relativa ai lavori agevolati e in particolare, per gli immobili la cui costruzione è successiva al 1° settembre 1967 afferma che “dovranno essere attestati gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione”.
Restano, quindi, esclusi dal beneficio gli abusi totali, sprovvisti del titolo abilitativo originario o di quello che ha sanato l’assenza di un titolo abilitativo originario. Per gli immobili più datati, sarà sufficiente attestare che la costruzione dell’edificio è stata ultimata prima del 1° settembre 1967.
Dal regime semplificato sono esclusi soltanto gli interventi che comportano demolizione e ricostruzione. L’articolo 34, inoltre, prevede che “restano in ogni caso fermi gli oneri di urbanizzazione dovuti in base alla tipologia di intervento proposto”.
VENGONO ANCHE AFFRONTATE ALTRE IPOTESI DI REVOCA DEL BENEFICIO:
- mancata presentazione della CILA;
- interventi realizzati in difformità dalla CILA;
- assenza dell’attestazione del titolo abilitativo o dell’epoca di realizzazione dell’edificio;
- non corrispondenza al vero delle attestazioni.
- Precisa il decreto, “resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell'immobile oggetto di intervento”.
Il legislatore con questa formulazione, escludendo qualunque condono o sanatoria delle opere per il solo fatto che sono state ammesse al superbonus, ha messo la norma al riparo da possibili critiche da parte del Quirinale e rassicurato la parte dell’opinione pubblica più attenta al tema della legalità.
Al tempo stesso, però, la disposizione consente l’agevolazione anche agli edifici che scontano abusi parziali senza il rischio che il beneficio decada.
Eventuali irregolarità potranno essere segnalate, tuttavia, nelle sedi opportune, ma non sarà il tecnico a doverle, ab origine, accertare.
Completa il quadro il chiarimento, pervenuto qualche giorno fa dall’Associazione bancaria italiana (ABI), su come usufruire della cessione del credito d’imposta per gli interventi edilizi che rientrano nei Bonus Casa, tra cui figura il superbonus 110%.
Per gli istituti di credito sarà sufficiente la certificazione della regolarità urbanistica degli immobili plurifamiliari con esclusivo riguardo alle parti comuni, evitando di riscontrare eventuali abusi commessi dai condomini sulle singole unità immobiliari.
Eliminazione barriere architettoniche tra gli interventi trainati
Il decreto allinea le regole in materia di barriere architettoniche a tutti i lavori trainanti del 110%: prima, infatti, era necessario un legame con un lavoro di efficientamento energetico.
- Il provvedimento prevede che l’agevolazione possa trovare piena applicazione anche per interventi di rimozione delle barriere architettoniche; al comma 4, dopo il primo periodo, viene specificato che “Tale aliquota si applica anche agli interventi previsti dall'articolo 16-bis, comma 1, lettera e), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, anche ove effettuati in favore di persone di età superiore a sessantacinque anni ed a condizione che siano eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi indicati nel primo periodo e che non siano già richiesti ai sensi del comma 2 della presente disposizione”.
VI SONO POI ALTRE AGEVOLAZIONI RIVOLTE al superbonus su collegi, orfanotrofi, conventi, seminari, ricoveri, ospizi, caserme (B/1), ospedali e case di cura senza fine di lucro (B/2) e quelli con fine di lucro (D/4).
I lavori realizzati su questi specifici immobili potranno godere dell’agevolazione a due condizioni: che i titolari eroghino servizi socio-sanitari e assistenziali e che i componenti del Consiglio di Amministrazione non percepiscano alcun compenso o indennità di carica.
PER COMPLETEZZA D’INFORMAZIONE SI RIPORTANO ALCUNI PROVVEDIMENTI STRALCIATI DALLE NORME
- la disposizione che avrebbe consentito alle unità immobiliari all’interno di edifici plurifamiliari, privi di accesso autonomo dall’esterno, di ottenere il 110% per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale.
- Eliminata dal testo definitivo anche la modifica della definizione di impianto termico, che avrebbe consentito agli immobili privi di un impianto termico fisso di ottenere il beneficio.
- Soppressa, con molte polemiche, l’estensione, apparsa nelle bozze circolate in precedenza, del superbonus per gli interventi realizzati da società ed enti sia pubblici sia privati sugli immobili categoria D2; il Consiglio dei ministri di venerdì 28 maggio ha così deciso, de facto, di non includere l’estensione del beneficio agli alberghi.
Il problema, ancora una volta, è quello delle coperture; criticità indirettamente già intuibile guardando alla formulazione “originaria” della norma contenuta nelle precedenti bozze che limitava il beneficio, ad alberghi e strutture ricettive, gestite esclusivamente nelle forme societarie che pagano il reddito d’impresa.
Tale previsione avrebbe, comunque, escluso le strutture che operano come ditte individuali o società semplici e che contano oltre il 65% del totale.
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