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L’Agenzia delle Entrate non potrà disconoscere il beneficio della detrazione del 110% nell’ipotesi in cui sull’immobile oggetto dell’intervento siano stati commessi abusi. La novità è stata prevista dal D.L. n. 77/2021 che ha aggiunto, nel corpo dell’art. 119 del D.L. n. 34/2020, il nuovo comma 13-ter.
Tuttavia, la previsione è circoscritta agli interventi che attribuiscono il dirittoal 110%. Pertanto, se gli interventi dovessero avere quale oggetto il recupero del patrimonio edilizio, quindi attribuendo il diritto a fruire della minore detrazione del 50%, l’Agenzia delle Entrate potrà disconoscere l’agevolazione.
La circostanza ha effetto anche con riferimento alle cessioni di immobili, infatti il notaio rogante dell’atto di trasferimento dell’immobile oggetto dell’intervento dovrà tenerne conto. In tale ipotesi, l’Agenzia delle Entrate potrebbe disconoscere il beneficio della detrazione nei confronti del soggetto acquirente.
Con il nuovo comma 13-ter dell’art. 119 del decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020) il legislatore ha scollegato i provvedimenti di natura fiscale da quelli edilizi. Infatti, viene previsto che per gli interventi in grado di attribuire il diritto alla detrazione del 110%, senza demolizione e ricostruzione, è necessaria unicamente la CILA. Inoltre, nel modello di CILA il soggetto interessato non dovrà comunicare nulla circa la regolarità urbanistica dell’immobile.
Il nuovo comma 13-ter così dispone:
“Gli interventi di cui al presente articolo, con esclusione di quelli comportanti la demolizione e ricostruzione degli edifici, costituiscono manutenzione straordinaria e sono realizzabili mediante comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA). Nella CILA sono attestati gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del provvedimento che ne ha consentito la legittimazione ovvero è attestato che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967 […]”.
La medesima disposizione individua puntualmente le fattispecie che determinano la decadenza dal beneficio della detrazione del 110%.
L’ultimo periodo del comma 13-ter così recita:
“Per gli interventi di cui al presente comma, la decadenza del beneficio fiscale previsto dall’art. 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 opera esclusivamente nei seguenti casi:
- mancata presentazione della CILA;
- interventi realizzati in difformità della CILA;
- assenza dell’attestazione dei dati di cui al secondo periodo;
- non corrispondenza al vero delle attestazioni ai sensi del comma 14. Resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento.
Conseguentemente se nella CILA sono indicati puntualmente gli estremi del titolo abilitativo e l’intervento realizzato è esattamente quello indicato nel titolo edilizio, l’Agenzia delle Entrate non potrà disconoscere il beneficio della detrazione anche se realizzato su un immobile oggetto in precedenza di abusi edilizi.
Tuttavia, il riconoscimento del beneficio della detrazione nonostante gli abusi commessi in passato ha una portata circoscritta, come si desume sulla base di un’interpretazione letterale della norma. La disposizione fa riferimento agli interventi di cui al comma 13-ter, che a sua volta richiama “gli interventi di cui al presente articolo”. Conseguentemente, se il beneficio della detrazione trae origine da interventi diversi da quelli di cui all’art. 119 del D.L. n. 34/2020, l’Agenzia delle Entrate può disconoscere il diritto alla detrazione. Ciò in quanto la “clausola di salvaguardia” è circoscritta al superbonus e al sismabonus che attribuiscono il diritto alla detrazione del 110%.
Pertanto, qualora sia effettuato un intervento di recupero del patrimonio edilizio la cui detrazione, pari al 50%, con un massimale di 96.000 euro, è prevista dall’art. 16-bis TUIR, gli eventuali abusi commessi prima dell’intervento determineranno la decadenza dal beneficio.
Ripercussioni sugli atti di cessione degli immobili
Tale circostanza dovrà essere tenuta in considerazione dal notaio rogante, nell’ipotesi di trasferimento dell’immobile.
Si consideri, ad esempio, l’art. 34-bis, comma 1, D.P.R. n. 380/2001. La norma prevede che “il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”.
Si supponga, ad esempio, che rispetto al titolo abilitativo, non sia stata rispettata l’altezza dell’unità immobiliare con una difformità del 3%. Si tratta, indubbiamente, di un abuso, ma l’atto potrà essere rogato e la proprietà dell’immobile potrà essere legittimamente trasferita.
In questo caso, però, se è stato realizzato un intervento di recupero del patrimonio edilizio, diverso dagli interventi di cui all’art. 119 del D.L. n. 34/2020, l’Agenzia delle Entrate, qualora venga a conoscenza dell’abuso, potrà disconoscere il beneficio della detrazione.
L’art. 16-bis, comma 8, del TUIR, prevede che nell’ipotesi di trasferimento dell’immobile, le quote di detrazione residue si trasferiscano automaticamente all’acquirente, salvo il caso in cui il venditore non manifesti espressamente nell’atto la volontà di trattenere a sé il beneficio delle quote residue di detrazione. Tuttavia, se le quote residue si trasferiscono all’acquirente, il notaio rogante dovrà comunicare che - trattandosi di un immobile con una difformità dell’altezza rispetto al titolo edilizio di più del 2% - l’eventuale contestazione dell’abuso potrebbe indurre l’Agenzia delle Entrate a disconoscere il beneficio della detrazione in capo al soggetto acquirente.
In tale ipotesi non può trovare applicazione il nuovo comma 13-ter dell’art. 119, D.L. n. 34/2020, la cui portata è limitata, come detto, agli interventi che attribuiscono il diritto alla detrazione del 110%.
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