La prassi dell’Agenzia delle Entrate continua a non far distinzione fra una dichiarazione tardiva ed una integrativa, a nulla rileva che nel secondo caso vi sia una dichiarazione regolarmente presentata
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CAF News 24
Con il 28 febbraio alle porte, occorre fare il punto sulla tardività delle dichiarazioni 2020.
Fra le migliaia di dubbi che albergano stabilmente nelle nostre menti, alcune certezze fanno da faro nella buia notte dell’adempimento tributario. La prima è che una dichiarazione presentata prima dello scadere del 90° giorno dal termine ordinario di presentazione, sia valida e come tale titolo idoneo alla riscossione delle imposte dovute, circostanza che per opposta analogia non appartiene invece alla dichiarazione omessa, cioè quella che spicca il volo trascorso il termine del 90 giorni dalla scadenza ordinaria.
Sappiamo anche, che per la dichiarazione omessa non è previsto il ravvedimento operoso, che invece è opzione esercitabile nel caso di tardività nella trasmissione. Quest’ultimo aspetto ci porta a considerare la possibile riduzione della sanzione per il ritardo, che si ricorda essere commisurata ad euro 250 (minimo edittale) riducibile ex art. 13, comma 1, lettera c) del D.Lgs 472/1997 ad un decimo, ma di cosa? Qui dobbiamo fare attenzione al tono letterale della norma, illuminante ricordandoci che la sanzione fissa presa a riferimento è pari al minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione.
Tutto questo comporta una prima considerazione, la dichiarazione tardiva non ha un sistema sanzionatorio autonomo, ma richiama quello per l’omessa trasmissione, che nella circostanza in cui si consumi nel richiamato termine dei 90 giorni (termine ultimo per considerarla comunque valida) la porta a gravare nelle tasche del contribuente per euro 250,00 importo fissato come valore minimo per l’omessa presentazione (1.000,00 massimo).
In questa breve dissertazione faccio salvi gli effetti delle sanzioni e comunque del possibile ravvedimento nel caso in cui collegati alla tardività della dichiarazione vi siano anche imposte da versare, le quali come sappiamo scontano la sanzione fissa del 30% anch’essa ravvedibile, che sappiamo ancora, gravare comunque su mancati o tardivi versamenti a prescindere dal fatto che la dichiarazione cui risultano collegati sia stata trasmessa tardivamente o meno.
Arriviamo allora al cortocircuito normativo, e cioè l’altro caso, l’integrativa.
Abbiamo l’integrativa quanto avendo già presentato nei termini una dichiarazione, successivamente alla scadenza si procede alla sua integrazione e nel caso in cui vi siano maggiori imposte da versare o minori crediti da utilizzare, succede il “patatrac” e cioè trova applicazione trova la sanzione per “infedeltà dichiarativa”, che è pari ad una somma che va dal 90 al 180% delle maggiori imposte dovute (o del minor credito che è stato utilizzato).
Anche l’Agenzia ha un’anima… nella circolare 42/E/16 vengono riportati alcuni determinanti chiarimenti che addirittura rasentano la “disobbedienza civile”, per un necessario fine equitativo, l’Agenzia vista la sproporzione fra la tardività (fissa 250,00 euro) e l’integrazione ( min. 90% imposte), ci tranquillizza dicendo, che ai soli fini sanzionatori, che si tratti di tardiva o integrativa per l’Ufficio fa lo stesso, da questo consegue che la sanzione sarà di 250,00 euro ravvedibile con una riduzione ad 1/10 nei 90gg; per le imposte si ricorda invece, che la sanzione sarà proporzionale nella misura del 30% anch’essa ravvedibile e svincolata da quella per la dichiarazione integrativa o tardiva. Da quest’ultimo assunto discende ulteriormente che la dichiarazione tardiva od integrativa sarà valida a prescindere dall’eventuale versamento di imposte od integrazione dello stesso.
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